Il vestiario femminile: Per quanto attiene al vestiario femminile, sostanzialmente simile sia nella versione giornaliera che in quella festiva, a parte l'uso di tessuti e decorazioni più raffinati in quest'ultima, si rileva una discreta uniformità nelle fogge della maggior parte dei centri del Goceano: Bono, Bottidda, Bultei, Burgos, Anela, Esporlatu, infatti, conservano un tipo di veste identico, con variazioni locali irrilevanti, date da piccoli dettagli, che tuttavia, nei diversi paesi avevano una notevole importanza e costituivano motivo di vanto quando appartenevano alla propria comunità e di scherno quando erano «segni» delle località vicine. L' abbigliamento di cui si tratta ha il suo elemento più caratteristico nell' acconciatura del capo, ottenuta con una particolare pettinatura: i capelli vengono attorcigliati ai lati delle tempie (sos cuccales} ed è presente una scriminatura centrale, in tempi più recenti laterale. Su questa «struttura» viene indossato su muccadore, un fazzoletto piegato a triangolo, più spesso bianco, modellato a soggolo ed annodato dietro il collo, e, superiormente, una benda inamidata, disposta con maestria mediante spilli, che conferisce all' acconcia tura un peculiare aspetto «a cornetta». Le vecchie fotografie attestano che ancora ai primi del Novecento il complesso copricapo comprendeva anche un fazzoletto di seta damascata con lunghe frange che, dalla benda sovrapposta, cadevano sul petto. Precedentemente la benda era quasi certamente meno rigida ed il modo di indossarla, più vario a seconda dei gusti di chi la indossava, ricordava le corrispondenti fogge del nuorese. Molto interessante è la denominazione locale della benda, tiazzola, in quanto già in un documento rinascimentale ed in un documento cinquecentesco riguardante la città di Sassari è citata la tiagiola, compresa, a quanto pare, sia nel vestiario maschile che femminile. Il termine rimanda al copricapo «a tovaglia» diffuso largamente in tutta Italia. La camicia, di tela di cotone più o meno fine, candida o «azzurrata», è del tipo privo di sottogonna e sovente ha uno spacco nel settore corrispondente alla schiena, si da dividere l' indumento in due parti, per facilitarne la stiratura. Questo indumento negli esemplari festivi è perfettamente eseguito ed ornato di preziosi ricami: le maniche amplissime, la generosa scollatura, le pieghettature che ne raccolgono l' ampiezza al collo ed ai polsi consentono di confrontar- la con modelli signorili della moda cinquecentesco. Tipico è il ricamo denominato bastonette che orna 10 scollo ed i polsi e viene eseguito a punti nascosti sulla pieghettatura fittissima del tessuto, i motivi esclusivamente geometrici che descrive, bianco su bianco, sono forse esito di Una simbologia perduta, e rammentano soprattutto i ricami delle camicie del nuorese e della Baronia. Come in questi ultimi indumenti anche in Goceano si hanno ulteriori trine ad ago, a punto asola, a punto in aria, a sfilato,jilet ed intaglio con decorazioni svariate, spesso floreali, la cui esecuzione virtuosistica testimonia una manualità affinata attraverso le generazioni. Sotto la camicia, per attenuarne la scollatura, viene indossata una sorta di canottiera orlata di pizzo, sa camisola, che anche dagli stessi ultimi fruitori dell' abbigliamento è sentita come elemento non strettamente tradizionale; si tratta probabilmente di un capo «moralizzatore», introdotto, come i varicoperipettus, istolas, pettieras di altre aree sarde, in seguito a pressioni del clero. Non è sopravvissuta invece, la sottogonna di tela bianca che nelle fonti iconografiche sporge dall ' orlo inferiore della sottana. Pertanto Testa da appurare se in realtà si trattasse di un indumento separato o se la camicia avesse la sottogonna cucita al punto vita, come avviene nel Logudoro e nella Barbagia di Belvì. Il giubbetto, detto corittu o curittu, è sempre sovrapposto alla camicia ed è eseguito in panno di lana rosso o nero e variamente orlato con nastro di seta operata e, in tempi via via più recenti, in seta ricamata o dipinta, accostati a velluto di sèta finissimo, talvolta fastosamente ricamato. Caratteristiche sono le maniche, squartate in modo da evidenziare l' ampia camicia, e la serie di asole agli avambracci, chiuse da bottoni d' argento più o meno preziosì assìcu rati a lunghi nastri. E' probabile che alcuni giubbetti potessero essere indossati anche alla rovescia. Il busto, sempre portato sopra il corittu, nelle illustrazioni ottocentesche e in alcune fotografie si presenta allacciato sin sotto il seno con nastri, come avviene nel Logudoro e nel Monte Acuto, ma sin dai primi del 1900 ha assunto carattere esclusivamente ornamentale con un' allacciatura meno evidente. E' quasi certo, comunque, che nell’ 800 questo indumento fosse più rigido e meno ridotto ed assomigliasse agli imbustos logudoresi. Negli esemplari pervenutici, spesso double face, si osservano due parti simmetriche munite di esili spalline ed unite al centro, in corrispondenza della schiena, con due sottili nervature di nastri intrecciati. L'omamentazione è varia e ricercata, negli esemplari di gala naturalmente, e formata da intarsi di sete, rasi, foglie marezzate, terziopelo, velluti di seta, broccati, arricchiti da elaborati ricami floreali o da pittura ad olio. Era previsto comunque, che l' orlatura del busto e del giubbetto fossero analoghe. Le gonne in un passato recente erano eseguite utilizzando orbace locale, marrone o granato, (venivano chiamate su furesi) e, stando alI' affresco dello Sciuti e agli acquerelli del primo Ottocento, in quel periodo dovevano avere balze di diverse altezze, anche molto strette. Successive modificazioni hanno portato all'uso esclusivo di panno di lana nero e all ' adozione di un' altissima balza che nelle versioni cerimoniali adotta stoffe pregiate: lampassi, damaschi, raso , di seta, velluto, broccato ed è talvolta adornata con ricami floreali o con motivi dipinti. In queste sottane colpiscono la ribattitura a pieghe fittissime nella zona posteriore della vita e le ampie pieghe che la movimentano sino all ' orlo inferiore ove ordinariamente si ha una stretta bordura simile a quella che adorna busto e giubbetto. Le tasche, a sacco, vengono cinte sotto la gonna mediante nastri e risultano accessibili attraverso due fessure verticali della sottana che, celate dal grembiule, consentono anche di stringere oampliame il giro vita seguendo le modificazioni che il tempo impone al corpo della proprietaria e permettendo di far indossare il prezioso indumento a individui di taglie diverse. Il grembiule, che per le cerimonie viene confezionato preferibilmente nel medesimo tessuto della balza della gonna, è rettangolare, lungo, increspato e pieghettato in alto, talvolta fermato «a nido d'ape» e si allaccia mediante nastri. Da diversi documenti iconografici parrebbe che sino alla fine del secolo questo indumento fosse di dimensioni ridotte e di sagoma decisamente trapezoidale. Nell'uso festivo e soprattutto nelle nozze si osserva la presenza di un lungo nastro con fiocco che, applicato alla vita, simulava l' allacciatura, in effetti più semplice, del grembiale. Quanto alle varianti che caratterizzano i singoli centri, come si è accennato, è dato di distinguere sfumature di scarso rilievo, quali la maggiore ricchezza di ricami nel caso di Bono, la preferenza per colori pastello o sgargianti a Bultei o per decorazioni dipinte ad Anela, ma la struttura generale dei «costumi» e gli espedienti di taglio sono sempre i medesimi. Significativi cambiamenti nel cromatismo si hanno in caso di lutto: ad eccezione della camicia, che resta bianca, la vedova indossa indumenti neri, e spesso ricorre alla tintura dell'abbigliamento festivo. Bende marrone venivano indossate per lutti meno gravi o per la morte di bambini. Oggi le esigenze di «far spettacolo» dei gruppi folkloristici o il desiderio di sfoggiare una tenuta particolarmente preziosa ha portato all' aggiunta indiscriminata di decorazioni dipinte (per lo più fiorami bianchi e verdi) o ricamate sul «costume nero», che secondo la tradizione invece doveva essere molto sobrio. L' abbigliamento quotidiano utilizza stoffe andanti, colori meno smaglianti, decorazioni modeste e, sovente, orbace grossolano per la sottana. Soluzioni intermedie, quanto a tessuti e decorazioni in occasioni non importantissime erano date dalla possibilità individuale di disporre di una quantità più o meno elevata di indumenti di ricambio: per 1 'uso domenicale, per le visite, per il mezzo lutto, per partecipare ai funerali, per le processioni della Settimana Santa alternando alcuni capi si creavano tenute meno dimesse dell'abbigliamento giornaliero e da fatica, ma non così sfarzose come quelle delle feste maggiori. Oggi, essenzialmente presso le donne di mezza età, si osserva- no gli ultimi esiti di questo «sistema di abbigliamento» e nell'uso ordinario si è verificata la sostituzione del complesso camicia, busto, giubbetto con camicette, bluse, maglioncini commerciali (a parte diverse sopravvivenze, naturalmente) e si è diffusa la moda di sottane increspate confezionate con stoffe leggere e facilmente lavabili. Questo, in sintesi, è quanto si può rilevare sul vestiario femminile che può essere definito più propriamente goceanino, ma a Illorai, Nule e Benettutti si segnala la presenza di fogge leggermente diverse, già notate da Vittorio Angius nella prima metà del 1800, quando osservava che le donne di Nule preferivano il rosso per le sottane mentre quelle di Bono amavano l' azzurro (evidentemente si tratta della balza). A Benetutti e Nule si rileva anche la contrapposizione fra le fogge festive delle «dame», esclusive del ceto abbiente, e quelle delle popolane, secondo un «codice» che ribadiva e manifestava visivamente lo status delle proprietarie. L' abbigliamento decisamente popolare nei due centri è caratterizzato da intarsi di stoffe diverse, secondo linee geometrizzanti. Tutto questo pare denunciare sia influssi culturali diversi sia un assetto sociale particolare che contrassegnano Nule e Benetutti rispetto agli altri centri del Goceano mentre per Illorai si può parlare di somiglianze e contatti con i «costumi» del Marghine.