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dal 1770 al 1865

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Storia politico-amministrativa del Goceano dal 1770 al 1865 (Gianraimondo Farina)

La l.r. 12/2005, relativa al riordino delle Comunità Montane, con la pubblicazione, da parte della Giunta Soru, degli A.T.O., Ambiti Territoriali Ottimali, ha riconosciuto, una volta tanto, l’unicità, la specificità storica, geografica e culturale del Gocéano.

Non che ci volesse molto a farlo ed a dedurlo, vista la continuità territoriale che, da sempre, intercorre da Illorai a Nule;

Questo è avvenuto fin dal 1339, quando si formò la Contea di Gocéano, riconosciuta in feudo dal sovrano Alfonso il Benigno al “donnicello” Mariano di Arborèa; territorio “erede” delle giudicali Curatorie di Anela e Bortiocoro, i cui confini arrivavano fino ad Orune, comune che, attualmente, è da considerarsi goceanino, visto che fece parte di tale giurisdizione per quasi 700 anni.

Nel 1353 scoppiò la guerra tra il Regno di Arboréa ed il Regno di Sardegna: al termine di tale scontro, nel 1420, la Contea di Gocéano, già appartenente al primo Stato nonostante l’infeudazione nominale del 1378 a Valore de Ligia, passò more Italiae a Bernardo Centelles nel 1421 e, quindi, dal 1422 al 1470 appartenne a Leonardo d’Alagon, ultimo Marchese d’Oristano. Nel 1477, a seguito della ribellione capeggiata da quest’ultimo, il Gocéano, essendo stato, assieme alle Barbagie, l’ultimo caposaldo delle aspirazioni indipendentistiche sardo- arborensi, passò sotto il diretto controllo del Regno di Sardegna, unito alla Corona d’Aragona, divenendo, così, un feudo regio.

Lo stesso titolo di Conte di Gocéano, dapprima attribuito, dopo Mariano IV, agli ultimi regoli arborensi, successivamente, con l’unione dell’antico “Regnum Sardiniae et Corsicae” (poi solo “Sardiniae”) alle rispettive corone, passò agli anzidetti sovrani catalano- aragonesi, spagnoli e piemontesi del Regno di Sardegna ed, in seguito, a partire dal 17 marzo 1861, d’Italia.

Se uno si guarda i titoli onorifici attuali dei Savoia e dei Borbone di Spagna, nota che gli unici due di “provenienza sarda” sono quello di “Marchese di Oristano” e “Conte di Gocéano”.

Per l’esattezza, questi due territori furono uniti nominalmente ed incamerati al Regio Patrimonio nel periodo 1481- 1560, per cui venne appositamente istituita la carica di “ricevitore del marchesato di Oristano e contado di Gocéano”, carica sostituita, inseguito, da quella di “reggente la Tesoreria Generale del Regno (1560- 1720).

Dal punto di vista temporale la Contea regia di Gocéano (che non comprendeva Nule, unito ai domini degli Stati d’Oliva nel Monte Acuto, prima “parte ozierese”, poi nel Monte Acuto “parte gallurese”, n.d.r.) finì nel 1839, durando ben 500 anni, con l’abolizione del feudalesimo, del “mondo” della Carta de Logu ed il completamento dell’estensione, contestuale a tutta l’isola, della legislazione feliciana (1821- 1827).

      

L’amministrazione del Gocéano alla vigilia dell'emanazione del regio editto 24 settembre 1771: la relazione sulla visita del vicerè Des Hayes in Sardegna (1770).

Continuò, tuttavia, a sopravvivere la precedente suddivisione amministrativa che aveva “mantenuto” sempre la zona dell’Alta Valle del Tirso, pur tutelandone la specificità, a diretto contatto con il Nuorese (subregione che, solo a partire dalla fine della seconda metà del XVIII° secolo, poteva definirsi tale grazie all’emersione della centralità di Nùoro, nuova sede della ricostituita diocesi di Galtellì nel 1779).

Il regio editto del 24 settembre1771 istituì per tutto il regno i primi consigli comunitativi, per cui, nei territori regi come il Gocéano, a differenza di quelli baronali, la carica di sindaco e di consigliere era elettiva e seguiva i seguenti parametri: il consiglio era composto da sette elementi nelle ville sorpassanti i 200 fuochi; da 5 in quelle tra i 100 ed i 200 fuochi e da tre nelle rimanenti ville. I consiglieri venivano scelti tra i tre ordini sociali: primo, mezzano ed infimo. Tra i requisiti vi era l’età, non inferiore ai 30 anni. I consiglieri dovevano essere “noti per probità e buon discernimento, zelanti del pubblico bene, non idioti per quanto possibile”; inoltre, non dovevano avere liti pendenti con il comune, ed era necessario “… che non fossero banditi o criminali processati”. Potevano essere eletti anche i non nativi, purché fossero residenti nella villa di elezione da almeno dieci anni.

Il primo degli eletti fungeva da sindaco, rappresentante e difensore della comunità che lo aveva espresso. Dalla quasi contemporanea (1770) relazione della Visita del viceré des Hayes in Sardegna, raccolta dallo studioso Francesco Loddo Canepa in Archivio Storico Sardo, vol. XXV, fasc. 3-4, molto interessante per ciò che concerne la critica situazione economica della contea si possono avere utili notizie sui nomi dei sindaci e dei censori di alcuni paesi del Gocéano, oltre ché, naturalmente, avere dei ragguagli relativamente alla loro amministrazione ordinaria in vista dell’emanazione del regio editto di riforma.

Questo documento é, altresì, di fondamentale importanza, poiché ci fornisce alcune, dettagliate notizie cronologiche relative al viaggio: si conosce, infatti che il viceré visitò il Gocéano dal 28 marzo al primo aprile 1770 proveniente da Orotelli e che tale sosta, forse, viste le difficili situazioni sociali ed economiche del territorio, risultò essere fra le più lunghe dell'intera ispezione nell'isola.

Si conosce, pertanto, che i sindaci di Bono, Benettutti, Bottidda, Illorai, Orune e Bultei erano, rispettivamente: il dottor Giovanni Angioy (Bono), Giovanni Maria Angioy (Benetutti, solo omonimo dell’ Alternos, n.d.r.), Giovanni Masala (Bòttidda), Costantino Ortu (Illorai), Giuseppe Antonio Sequi (Orune) e Pietro Costantino Querqui (Bultei).

La condizione amministrativa delle nove comunità, cosiccome emerge dalla relazione, pone già Bono al centro del sistema politico goceanino: il capoluogo poteva contare su un sindaco nominato ed eletto da una terna e su un consultore delegato di scelta governativa, che doveva sovraintendere all’amministrazione penale e civile del contado.

La nomina del primo cittadino doveva, poi, avvenire previo parere del consultore delegato per la Giunta di comunità, composta da tre persone: colui che riportava più voti diventava sindaco ed assumeva la procura. Questo metodo d’elezione, in Gocéano, valeva per i comuni più popolosi, ossia Bono, Benettutti ed Orune, come, peraltro, attestavano i medesimi rappresentanti davanti al viceré des Hayes.

Il sindaco di Bono esercitava l’impiego senza alcuno stipendio, né godeva di esenzione, se non come cavaliere; il sindaco di Orune, invece, recepiva, come salario, sei scudi annui.

Le spese di tutti i comuni dovevano, volta per volta, essere rendicontate al consultore delegato.

Il lavoro d’amministrazione di quest’ultimo si presentava particolarmente oneroso, poiché, sebbene residente in Bono, era “sovraccarico di moltissimi affari” ed, essendo il Gocéano, feudo regio, doveva sovraintendere all'amministrazione in tutto il territorio in rappresentanza del governo viceregio.

Al fianco del sindaco, dei consiglieri e del consultore delegato, operava un censore o segretario per ogni comune, le cui funzioni erano, soprattutto di rendicontazione dell'amministrazione e dello status oeconomicus delle ville. La famosa relazione viceregia ci fornisce i nomi di questi ufficiali: Nicolao Gaya, cavaliere, a Bono, Tommaso Latte a Illorai, Pietro Cosseddu a Bòttidda, Giò Domenico Fadda a Bultei  Giuseppe Sotgiu Minutili a Benettutti.

Per quanto riguarda gli altri istituti, ogni villa aveva un proprio monte granatico, con la seguente consistenza: Bono, 115 starelli su un fissato di 2400 (!), Orune 130 starelli, Illorai 32 su un fissato di 132, Bultei 24, Bottidda 55.

A Bono stazionava il comando della Barracelleria. A tal proposito erano emerse due “emergenze”: in primo luogo, si constatava che sarebbe stato utile e meno gravoso, a seguito dell'abigeato, da parte delle milizie, pagare subito al derubato almeno i buoi e le vacche “così da poter continuare nell'agricoltura”; in secondo luogo, a Benettutti, i miliziani si lamentavano, invece, di “essere tenuti al bestiame selvatico”.

Gli archivi comunali non erano molto ben tenuti: in particolare a Bono era in cattivo stato poiché, lo straripamento di un piccolo torrente distrusse la casa del sindaco, perdendo, quindi, molti documenti ed atti processuali.

Già dal 1767 era, poi, sorto un contenzioso amministrativo fra le comunità di Burgos, Esporlatu ed Illorai contro gli arrendatori, i quali si erano impossessati di un salto della villa di Bortiocoro, già distrutta e disabitata dopo il censimento del 1698.

Particolarmente triste era la situazione riguardante l’amministrazione della giustizia. Al consultore delegato facevano capo i maggiori di giustizia, residenti in ogni villa.

In primo luogo, come consta da altre fonti, era alquanto critico la condizione delle regie carceri di Bono: stando alla relazione del viceré vi erano molti prigionieri ed erano “tenute in malo stato”.

Esse consistevano in una sola stanza pessimamente tenuta senza carceriere, e la custodia era affidata a due uomini delle altre ville del contado, ad eccezione degli abitanti di Bono.

I banditi goceanini che infestavano il territorio, ricercati per omicidi e furti di bestiame nel Nuorese erano 16 a Benettutti, 8 a Bultei, 2 ad Illorai, 1 a Bono. Particolarmente critica era la situazione nel villaggio di Bultei, al quale il viceré riserva due fittissime pagine della sua informativa.

In questo paese, si erano già verificati quattro omicidi ed i suoi latitanti, assieme a quelli di Bono, Bottidda e Benettutti si segnalavano per i reati commessi nei salti di Orotelli, Oniferi e Nùoro.

Sempre da Nùoro era partito, per ordine viceregio, l'ordine di cattura, commissionato con patente ad Ignazio Satta delegato d'Orani, dei banditi Giovanni Bacucu di Bultei, Nicolao Antonio e Michele Dechola di Benettutti, accusati “di furti continui di bestiame in territorio di Nùoro”.

La relazione riporta, poi, le notizie relative alla morte in Bono di un tale soprannominato Pedecanna o Peddecane, avvenuta a seguito di una spedizione collettiva in quel di Bultei, cappeggiata dal bandito salvacondottato (cioé munito di salvacondotto) Angelo Passeu allo scopo di “cercar banditi” per assicurarsi l'impunità.

Sempre a Bultei si era verificata una vera e propria sommossa popolare contro i parroci ed i curati di Bultei ed Anela a seguito di una scomunica ottenuta da Antonio Rubatta contro dei ladri dai quali era stato derubato, ottemperando, in questo modo, ad un'antica consuetudine. A seguito di questo tumulto, suscitato nella chiesa parrocchiale, venne colpito alla testa con delle pietre un sacerdote.

Prima di ripartire alla volta di Mores, il De Hayes, lasciando alle sue spalle il Gocéano ed i “fattacci” di Bultei, che tanto lo avevano colpito, scriveva: “ (...) Il cattivo stato del contado di Gocéano tanto nell'amministrazione della Giustizia pella sua languidezza, che in altre cose riguardanti il pubblico, non era pienamente, in così breve tempo rimediabile”. Si aspettava l'imminente stagione delle riforme boginiane.

(Gianraimondo Farina)
 
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