Il paesaggio - goceano

Cerca
Vai ai contenuti

Menu principale:

Il paesaggio

Notizie sul Goceano
L'area di «Sos Nibberos» si estende per poco meno di sei ettari, nel cuore del complesso forestale di Monte Pisanu, tra Bono e Bottidda. I tassi si propongono maestosi a centinaia, accompagnati nel loro secolare isolamento da qualche bell'esemplare di agrifoglio. Relitto di foreste millenarie il Taxus baccata rappresenta il più importante punto di riferimento per la flora del Goceano. Pianta splendida è talvolta usata, come a Milano, per ornare giardini pubblici, ma nell'Isola non gode buona fama.

Il tasso è conosciuto come «l'albero della morte» per la presenza nelle sue foglie della tassina, una sostanza particolarmente velenosa che agisce a livello cardiaco. La polpa dell'arillo rosso, che funge da involucro per i semi, veniva peraltro usata in passato per curare, sotto forma di sciroppo, alcune malattie dell'apparato respiratorio: un primordiale mucolitico insomma, oggi non più in uso anche se l'arillo è l'unica parte non velenosa dell'albero. Pianta antichissima, che i botanici fanno addirittura risalire al periodo terziario, il tasso può vivere an­che più di mille anni e questi di «Sos Nibberos» appartengono ormai, come monumenti plurisecolari, alla storia del Goceano.
Il piccolo gioiello naturale è facilmente raggiungibile attraverso le due provinciali che da Bonorva e da Ittireddu conducono a Bono. Entrambe si congiungono all'altezza del bivio per Foresta Burgos, da dove si procede in direzione della caserma forestale di Monte Pisanu, sempre sulla provinciale per Bono. Percorsi due chilometri si prose­gue sulla destra in direzione del Monte Rasu.

Dopo un chilometro di strada bianca, ma scorrevole, a quota 950 metri, si arriva a «Sos Nibberos» che ospita la formazione di tassi più estesa d'Italia. Con l'agrifoglio, il taxus bacca ta, che qui raggiunge i 15-16 metri d'altezza e, talvolta, un diametro superiore al metro, rappresenta una specie relitta, che sopravvive nelle valli umide e fresche anche d'estate come questa del Goceano, dove vegetano esemplari vecchi di 1200, 1300 anni. Si tratta di autentici monumenti naturali che si sono conservati integri grazie all'equilibrio ambientale finora mai compromesso dall'uomo.

Il bosco fitto non lascia molto spazio alle altre specie arboree ed erbacee: qua e là si intravede qualche minuscolo ciclamino in fiore, il comunissimo aglio selvatico e, ai bordi della foresta, una varietà di rovo unica al mondo, il Rubus Arrigonii, classificata per la prima volta due anni fa dal botanico Camarda. Una pianta apparentemente di po­co conto, almeno per i meno esperti, ma che si rivela estremamente importante da un punto di vista scientifico: anche per questo «Sos Nibberos» si conferma un autentico gioiello della Natura, un piccolo museo da conoscere ma anche da rispettare. Non mancano, infatti, alcuni recenti segnali di pericolo dovuti all'eccessiva antropizzazione del bosco: dappertutto, ma in particolare nei pressi della fonte, si   ano purtroppo bicchieri e piatti di carta che offendono la bellezza del luogo. Da «Sos Nibberos» vale la pena di proseguire verso la vicina «Punta Manna» a 1259 metri di quota. L'ambiente è diverso, cambia la flora: superati i mille metri predomina la roverella, pure il sottobosco si trasforma. Le piogge che hanno interrotto un lungo periodo di siccità, avvertita anche sui rilievi, hanno avuto un benefico effetto sulla flora cosiddetta «minore», hanno rigenerato le piante erbacee che, dove filtra la luce del sole, si propongono nella loro bellezza e soprattutto nella varietà dei loro contrastanti colori.

Quante sensazioni e quante emozioni suscita un viaggio nel bosco! Verso la cima del Monte Rasu la foresta si presenta, a tratti, degradata; ma non era così cinquanta o sessanta anni fa quando, come testimoniano alcune ceppaie, sono state abbattute roverelle del diametro di un metro; qua e là spunta qualche acero e una vari età di melo selvatico, «sa melàdrina» che dà il nome alla località: il Malus dasypbylla Borkh sta però piano piano scomparendo sotto l'avanzare del bosco che sta riconquistando gli spazi di una volta. Da Monte Rasu si può ammirare uno dei panorami più belli dell'Isola.

«In tutto il Goceano e, principalmente, nel Monterasu abbondano gli animali selvatici, i cervi, i daini, i cinghiali, le volpi, le lepri e le martore. Vi sono numerosissimi anche gli uccelli, così nelle grandi specie, come nelle minori e gentili».

                                Fino a 15anni orsono secondo la minuziosa descrizione del canonico Vittorio Angius, costituiva un importante oasi faunistica. La grande foresta offriva rifugio agli animali delle diverse specie che, nei livelli proposti dalla catena montuosa, trovavano habitat ideale e cibo a sufficienza.
Purtroppo la realtà attuale non è più quella di allora.

«Su crabolu» ha resistito finché ha potuto: l'ultimo daino, che ha percorso i rilievi e i campi del Goceano, è scomparso a metà degli anni Trenta. Almeno dieci anni prima erano stati abbattuti a fucilate gli ultimi esemplari di mufloni e cervi, rappresentanti di specie che un tempo erano diffusissime. Ora il loro ricordo è custodito nella memoria dei più vecchi ed è documentato da alcuni toponimi come: «Messencherva», in territorio di Benetutti; «Corra Cherbina» in quello di Bono; «Pattada e Chelvos» a Illorai; ovunque il bosco del Goceano ospitava i diversi ungulati che, nonostante la caccia spietata, impedita con legge solo nel 1939, erano riusciti a trovare un sicuro rifugio sui rilievi ricchi di ghiandiferi. I primi segnali di affievolimento della presenza di alcuni animali erano già stati registrati verso la fine del secolo scorso: il bosco era stato alterato da disastrosi incendi e da un taglio indi­scriminato, protrattosi per decenni.
Ben poco era stato risparmiato: erano stati abbattuti alberi secolari, il sottobosco era stato spogliato di tutte le sue essenze; e poi la caccia, ancora più devastante.

 
Copyright 2015. All rights reserved.
Torna ai contenuti | Torna al menu